Diversity & Inclusion: per una visione strategica della pluralità in azienda
Ad apertura della collaborazione strategica tra ISTUD e Wise Growth sono stati presentati, a Milano lo scorso 13 novembre, i risultati della Ricerca: “Diversity & Inclusion – Stato dell’arte e trend futuri” che sintetizzano lo stato attuale e le strategie di inclusione nelle grandi aziende operative in Italia. Osservare con sguardo attento e critico cosa è oggi la “Diversity & Inclusion” (D&I), come afferma Maria Cristina Bombelli, Founder & President di Wise Growth, non significa certo fare del buonismo ma rileva piuttosto la capacità di leggere cosa è il business ed il mercato oggi.
Una sfida questa che ISTUD ha raccolto fin dagli anni ’90, come racconta Marella Caramazza, Direttore Generale della Fondazione ISTUD, e che è passata attraverso la ricerca e la formazione degli operatori economici, dedicata all’analisi di quelle dinamiche che attestano come l’evoluzione socio-culturale passi inevitabilmente attraverso l’azienda: ed ecco quindi che i temi del gender gap e della scarsa presenza delle donne nelle posizioni di vertice, nonché dell’inserimento dei più giovani nel mondo del lavoro e delle difficoltà connesse alla gestione delle diverse generazioni nella popolazione aziendale, risultano pregnanti per il benessere di una azienda ed il suo microcosmo particolare.
Adele Mapelli, Faculty Wise Growth-ISTUD, introducendo il target group della ricerca, afferma che i temi su cui il campione delle grandi aziende intervistate (55 in totale) intende lavorare sono ancora e, principalmente, quelli del genere (82%), dei giovani under 30 (55%) e della disabilità (53%), e che attualmente per rispondere a queste grandi tematiche le aziende promuovono azioni che incoraggiano soprattutto variabili come la flessibilità e lo smart-working, il networking con altre aziende e l’empowerment.
Tra le pratiche di D&I rivolte al gruppo dei manager nello specifico spicca, in particolar modo, il dato relativo alla formazione (con il 73%).
In questa ottica, Il D&I Index intende costituire un benchmark per quelle realtà aziendali che vogliono conoscere il proprio posizionamento nella gestione della Diversity & Inclusion: tra le aziende del campione, la ricerca ha rilevato un 42% come media tra i tassi di copertura rispetto al target group, alle pratiche, alla comunicazione interna ed esterna e alla formalizzazione delle iniziative di D&I.
Ma da dove partono le iniziative di D&I in azienda, e quali sono le figure che solitamente se ne fanno portatrici? Emerge chiaramente la centralità del HR che tenta una operazione di ‘contaminazione’ del management con una cultura aziendale in chiave D&I perché diventi esso stesso, a sua volta, owner tematico. Il coinvolgimento del top management team, con la sua attenzione specifica sul business, è infatti essenziale perché le iniziative abbiano un effettivo impatto nella popolazione e nella vita aziendale.
Ovviamente, a questo bisogna accompagnare la disponibilità, nonché la volontà, di investire sulla D&I e predisporre degli organismi e figure ad hoc che se ne facciano carico. Su questo i numeri della ricerca, come afferma Alessandra Lazazzara, Università degli Studi di Milano, rilevano ancora qualche resistenza: il 56% delle aziende intervistate – che sono rappresentative di un campione che è già particolarmente sensibile sul tema -, non ha un diversity board al proprio interno e il 60% non ha budget dedicato.
La mancanza di una formalizzazione adeguata della D&I, di organismi e risorse dedicate potrebbe spiegare la ragione per cui il 67% delle aziende del campione dichiara un raggiungimento medio o basso degli obiettivi alla base delle azioni di Diversity & Inclusion. Nelle parole di Alessio Radice, Country HR Manager ABB e David Bevilacqua, Co-founder & partner Yoroi, le tematiche relative alla D&I risultano tanto più cogenti all’interno delle multinazionali, le quali sono multiculturali per vocazioni e chiamate pertanto a far tesoro dell’eterogeneità interna.
Quali sono dunque le prossime sfide sul tema? Cosa dovremmo osservare con maggiore attenzione? Ancora una volta, e soprattutto nel contesto italiano, grande attenzione va posta alla valorizzazione dei giovani, alla necessità di incrementare lo scambio tra questi e la popolazione senior che, a sua volta, chiede di essere ulteriormente ingaggiata e motivata. A tutto questo, si aggiungono temi come quello del work–life balance ed il noto gender pay gap. Sebbene sia già stato fatto tanto, la strada perché la diversità diventi una ‘normalità’è ancora lunga e necessita di un grande sforzo collettivo.
In questa prospettiva, e con l’obiettivo di facilitare l’ingresso delle tematiche di D&I, attraverso la partnership tra Wise Growth e Fondazione ISTUD saranno proposti una serie di percorsi formativi nel 2019 sui temi dell’age management, dello sviluppo professionale femminile, della disabilità in azienda, della gestione della multiculturalità e dell’inclusione quotidiana.
Tag:diversity, inclusione, smart working