Da confine a frontiera: l’Activity-based Workplace!
“Spazio, ultima frontiera”.
Come ci ricorda l’incipit di una nota serie di fantascienza, lo Spazio è un luogo affascinante. Non solo perché da sempre è sinonimo di scoperta o di conquista ma anche perché, se ci pensiamo bene, è un punto di (ri)partenza. E quindi forse anche di speranza in un momento difficile come quello che stiamo vivendo a causa del coronavirus.
Perché lo spazio è un invito a riempire le nostre aspirazioni, i nostri ideali ed è quindi il punto di partenza di un viaggio che – come nel caso della conquista della Luna – spinge alla fine le persone a trovare innovazione o a sviluppare tecnologia. E così scoprire che il “nuovo” non nasce dentro l’idea immaginaria (e forse pigra) di Confine, in cui si divide il “noi” dagli “altri”, ma dal suo esatto contrario, dalla Frontiera della collaborazione, dell’insieme e dell’incontro.
Un punto di accumulazione, più che di impoverimento, in cui il contatto con le diversità ci restituisce una ricchezza molto più ampia di quella che si è abituati a conoscere.
Tutto ciò, mutatis mutandis, accade anche nello Spazio-Ufficio.
Grazie alla tecnologia i tradizionali modelli di lavoro, in cui ognuno di noi ha una postazione-scrivania assegnata, si sono infatti erosi a favore di un Workplace “agile” dotato di una varietà di spazi tanti quante sono le attività potenzialmente da fare.
Ecco, questo è in poche parole l’Activity-based working (ABW).
Uno “stile libero” di lavoro più che un confine di esperienze che, laddove implementato “su misura” per le persone dell’organizzazione (non esiste uno spazio uguale all’altro perché non esistono aziende uguali anche dentro lo stesso business!), crea una “workplace experience” in grado di generare maggiore engagement in chi la vive. Questo perché essenzialmente eleva alla maturità le persone, lasciando loro la libertà di scegliere il luogo (e il tempo) di lavoro. Perché in un contesto “agile” non è il tempo che passi in ufficio a qualificarti ma gli obiettivi che consegui.
E in questo senso rendere tutto più fruibile e accessibile diventa un enabler dell’ABW!
Un viaggio, quello dell’ABW, che in realtà non è figlio di questo secolo. Anche se sperimentato già negli anni ’70 in IBM con un “non-territorial office”, il suo è un viaggio iniziato ufficialmente negli Anni ’80. Merito di Robert Luchetti – un architetto americano che, nel 1983 aveva co-inventato l’idea di creare “contesti di attività” per una varietà di compiti d’ufficio (ad esempio spazi per scrivere o condurre riunioni) – e di Franklin Becker che, negli stessi anni, scrisse il noto “The Successful Office” così rinforzando l’idea di trovare delle alternative agli uffici tradizionali. Ma è con la rivoluzione tecnologica degli anni ’90, di internet, dei PC e delle mail, che il concetto viene ripreso e diffuso in tutto il mondo grazie alla società di consulenza inglese DEGW e, in Olanda, dal testo di Erik Veldhoen “The Demise of the Office”.
Un viaggio che, da questi passi, si è aperto a molte interpretazioni e sfumature in tutto il mondo e in molti business perché, ormai è indubbio, presenta numerosi vantaggi:
Vantaggi per l’organizzazione
Diminuzione dei costi legati all’occupazione di spazio
Minor footprint ambientale
Maggiore flessibilità
Maggiore collaborazione tra team
Supporto al cambio culturale
Maggiore talent attraction
Potenziamento immagine
Vantaggi per i dipendenti
Maggiore autonomia nella scelta della postazione da cui lavorare
Più varietà di scelta di spazi
Tecnologie abilitanti
Più contatto con i colleghi e superiori
Un workstile meno sedentario
Maggiore engagement
Migliore comfort
Ma passare dal concetto di ufficio tradizionale a quello ABW richiede pertanto un cambio di mindset profondo. Primo perché significa unire la dimensione spaziale a quella tecnologica e a quella sociale. Poi perché per iniziare questo “salto nell’iperspazio” le aziende devono fare anzitutto un cambiamento culturale partendo dai vertici e scendendo via via a tutti i livelli organizzativi.
E come accade in ogni viaggio verso le frontiere, anche l’ufficio del futuro dipenderà da un forte equilibrio tra persone e spazio che, di fatto, dovranno adattarsi per evolversi assieme.
E per meglio facilitare tutto questo, quattro possono essere i punti cardinali dell’ABW:
Design
uno spazio progettato per attività prevede tanti spazi quante le attività che l’organizzazione svolge o svolgerà una volta che si sarà trasformata in maniera “agile”. Hai bisogno di uno spazio per lavorare concentrato? Allora vai in una “quiet room”. Hai bisogno di salutare un collega che non vedi da tempo? Allora vi incontrare nella caffetteria interna o in un comodo spazio libreria aperto a tutti Devi fare una videochiamata con una filiale estera? Allora puoi andare in una conference room. Il tutto prenotando, se serve, lo spazio dal tuo cellulare e ovviamente avendo cura di lasciarlo in ordine com’era!
Sensory experience
Gli spazi ABW devono aiutare le persone, non complicare la loro vita. Anche dando in maniera implicita tutti quegli spunti utili a “capire lo spazio”. Ma non solo. Anche dando alle persone la dimensione sensoriale che lo spazio scelto è quello giusto. Se hai bisogno di uno spazio in cui avere energia, cos’è meglio di andare a lavorare in una postazione vicina alla caffetteria, in cui anche l’aroma del caffè (magari assieme al buon sapore di una brioche) può stimolare la fantasia?
Rinforzo comportamentale
Se uno spazio disegnato per essere “silenzioso” non è percepito come tale dagli utilizzatori, ci appare subito distonico. Al contrario, se c’è coerenza tra il luogo e quello che suggerisce, tutto ritorna al punto d’equilibrio.
Iterative learning
Un po’ come nello SCRUM, è importante avere un “continuous feedback” da parte dei gruppi di lavoro e del management. Si configura così un sistema iterativo che consente di incrementare poco alla volta, ma molto di frequente, le funzionalità dello spazio ABW.
Insomma, per concludere questo breve viaggio nell’ABW, abbiamo visto che – chi prima chi dopo – ci stiamo avvicinando ormai sempre di più a un “new way of working” che prevede un ambiente di lavoro più incentrato sui bisogni dell’uomo e allo stesso tempo in grado, perché no, di venire incontro alla produttività dell’azienda.
Ecco perché possiamo forse dire che non saranno più le persone a servire l’ufficio ma, viceversa, sarà l’ufficio a servire le persone!
Una grande vittoria per tutti.