Diversità e inclusione in azienda: nuove strategie
Con Diversity & Inclusion (D&I) si intende una strategia gestionale adottata dalle aziende che puntano sul riconoscimento e sulla valorizzazione delle differenze individuali per massimizzare il potenziale presente in ognuno. Sul tema dell’inclusione in azienda nel nostro Paese, pur essendo sempre più numerosi i casi virtuosi da citare, ancora molta è la strada da percorrere.
Lo rileva la ricerca appena condotta da ISTUD Business School insieme a Wise Growth, che ha coinvolto in Italia 55 aziende, tutte di grandi dimensioni (mediamente con 7.400 dipendenti), eterogenee rispetto al settore. Quasi il 70% sono subsidiary di multinazionali straniere.
Ben il 76% del campione adotta iniziative nell’area della “flessibilità/smart working” con la speranza che queste possano rendere l’azienda più inclusiva.
A seguire, fra le pratiche più utilizzate, il networking con altre realtà aziendali per la condivisione di esperienze e iniziative (58%), i programmi di empowerment (55%), quelli di mentoring (53%) e gli interventi di supporto alla maternità (53%).
Meno di un terzo del campione monitora invece la situazione attraverso metriche sulla composizione e lo sviluppo della forza lavoro in un’ottica di D&I, e solo il 16% delle aziende ha attivato pratiche rivolte ai dipendenti LGBT.
Tra le varie leve rivolte ai manager, quella formativa finalizzata alla sensibilizzazione sulle tematiche di D&I è la più diffusa, con il 73% delle aziende che la include nei programmi di formazione manageriale; solo l’11% delle aziende del campione, però, ne fa oggetto di valutazione formale rispetto all’obiettivo di creazione di un ambiente inclusivo. Mentre nel 42% dei casi vengono utilizzate quote, target numerici o KPI per accelerare un cambiamento verso un’azienda più inclusiva.
Sebbene nel contesto italiano vi sono stati, in anni recenti, numerosi e significativi cambiamenti circa il tema della gestione della diversità, il principale target è ancora prevalentemente collegato alle differenze di genere (82%).
Al secondo posto le iniziative rivolte ai giovani (55%) e a seguire quelle rivolte alle persone disabili (53%). Nonostante il sostanziale invecchiamento della forza lavoro, poca attenzione è rivolta invece al tema dei lavoratori senior.
Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi legati alla gestione della diversità, il 58% del campione prevede dei ruoli formali dedicati alla D&I, afferenti per lo più alla Direzione del personale. Tuttavia, emerge un progressivo spostamento da una modalità gestionale accentrata nella funzione HR a una visione più trasversale rispetto alle varie funzioni e livelli.
La D&I sta quindi varcando i confini della funzione risorse umane in un’ottica di project management, cioè più trasversale e orientata tanto al cliente esterno quanto al cliente interno.
Ma perché le aziende italiane intraprendono questa strada?
Per il 95% l’obiettivo prioritario è quello di migliorare il clima aziendale; nell’84% quello di promuovere la diversità in tutti i livelli gerarchici e nell’80% attrarre e trattenere una forza lavoro “plurale”. In tale ottica, ISTUD ha recentemente proposto, insieme a Università Cattolica di Milano e Istituto Toniolo, due Borse di studio a copertura totale dei costi di partecipazione al Master post laurea in Risorse Umane e Organizzazione indirizzate a due studenti rifugiati. I vincitori provengono da Siria e Togo e hanno superato con successo le prove di selezione, iniziando il Master lo scorso 19 novembre a Baveno, con l’ambizione di diventare presto futuri manager HR.
L’iniziativa parte dalla convinzione che l’inclusione formativa, tanto più a livello di formazione manageriale e di gestione aziendale, rappresenti un piccolo ma significativo tassello per la crescita del nostro sistema economico e una fonte di ricchezza conoscitiva nella direzione della multiculturalità e dello sviluppo delle imprese.
Tuttavia, tornando all’indagine ISTUD – Wise Growth, solo il 33% delle aziende dichiara di essere soddisfatta dei risultati raggiunti con l’adozione di queste pratiche. Se queste iniziative sono, almeno nel percepito, poco efficaci, quello che la ricerca suggerisce per potenziarne l’effetto è che la promozione della D&I in azienda deve essere fortemente voluta e sponsorizzata dal top management: a questo si affianca un coinvolgimento attivo dei manager attraverso una varietà di leve che affianchi a quella formativa anche l’inserimento dell’inclusione nel modello di leadership, nei KPI e negli obiettivi di valutazione.
Anche la formalizzazione di specifiche policy e strategie di rispetto della diversità può contribuire all’efficacia di queste iniziative. Inoltre, le aziende che sembrano essere più soddisfatte di tali pratiche sono quelle che considerano la pluralità della forza lavoro una leva organizzativa al fine di creare valore e vantaggio competitivo anche per il business, dimostrando come la valorizzazione della diversità possa diventare fonte di vantaggio competitivo, aumentare il benessere organizzativo ed essere funzionale per il business stesso.
Con uno sguardo al futuro, il tema dell’età e dei rapporti intergenerazionali sembra essere quello su cui le aziende investiranno maggiormente nei prossimi anni, accanto anche a un maggiore utilizzo di strumenti di work-life balance. Nonostante i grandi passi fatti fino ad ora, però, le aziende sono anche consapevoli che non è ancora possibile abbassare l’attenzione dalle tematiche che riguardano la popolazione femminile, in particolare su due aspetti cruciali: eliminare il gender pay gap, ovvero il differenziale retributivo tra uomini e donne, e abbattere il “soffitto di vetro” che impedisce alle donne di avanzare nei percorsi di carriera.
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