EXECUTIVE INTERVIEWS: Alessio Riotto – Industrial engineering director, North America – Marelli Automotive Lighting

EXECUTIVE INTERVIEWS
Alessio Riotto
Industrial engineering director, North America
Marelli Automotive Lighting
Executive Master in Leadership & Business Transformation – 82^edizione
Buongiorno Alessio e benvenuto, iniziamo con te una serie di interviste indirizzate alla nostra community di alumni Executive. Vuoi dirci qualcosa in più sul tuo percorso professionale fino a oggi?
Buongiorno a voi, con piacere. Ho 35 anni, sono di Genova, con una laurea in ingegneria meccanica. Oggi occupo la posizione di industrial engineering director, North America presso Marelli Automotive Lighting. Già durante l’Università è iniziata a emergere in me la voglia di estero: ho studiato in Spagna per il progetto Erasmus, poi mi sono trasferito in Australia per un periodo di sei mesi di studio e lavoro. Ho quindi iniziato la mia carriera in Marelli a Bologna e poi Torino. Prima qualità, poi produzione, ricoprendo via via ruoli di maggiore responsabilità: da capo assemblaggio, a capo della qualità, fino alla grande sfida internazionale. A 32 anni mi è stato proposto un ruolo manageriale negli Stati Uniti, in Michigan, che ho colto subito come una grande opportunità.
Come è nata e come si è sviluppata la tua carriera negli States?
Proprio prima dell’ultima sessione del Master Executive ISTUD mi è stato chiesto di diventare Direttore di stabilimento del nostro nuovo impianto di Clarkston, nel Michigan, vicino a Detroit, andando a gestire un team di circa 500 persone. Ho accettato subito con entusiasmo; così con mia moglie abbiamo preso l’aereo per gli States e ci siamo trasferiti nel Midwest americano.
La sfida è stata grande fin dai primi giorni, la realtà produttiva era nuova e il mio team di primi livelli veniva da realtà molto diverse tra loro. Questo si è accompagnato da subito con le pressioni dei clienti per le forniture e gli standard qualitativi da garantire. Una delle strategie con cui ho approcciato il nuovo ruolo è stato di pormi sempre in ascolto verso tutti. Anche così, in breve tempo, penso di avere superato qualche normale diffidenza iniziale, provando a fare emergere la mia competenza sul lavoro. In 6 mesi siamo andati a break even.
Nel frattempo ho avuto la felicità di vedere allargata la mia famiglia, con la nascita di mia figlia negli Stati Uniti e un nuovo equilibrio tra vita e lavoro.
Alla fine del mandato a Clarkston, nell’ aprile di quest’anno, l’Amministratore Delegato America mi ha chiesto di rimanere negli States con una nuova responsabilità.
Mi sono spostato così in Texas, a El Paso, al confine con Juarez, dove Marelli ha il suo stabilimento più grosso, con circa 4.000 persone impiegate. Oggi sono Direttore Industriale della regione nordamericano: Stati Uniti, Canada e Messico : 5 stabilimenti, circa 6.000 persone dislocate nelle varie aree produttive, un business molto diversificato.
Cosa ci puoi dire di un manager italiano che si trasferisce negli States?
Sicuramente all’inizio bisogna abituarsi a qualche barriera culturale esistente. Nel mio lavoro devo gestire team multiculturali: americani, indiani, europei, con i loro background e stili diversificati, che devono lavorare insieme per raggiungere i risultati.
Poi, il business environment e il mondo del lavoro sono sicuramente molto diversi dall’Italia. Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione è bassissimo, c’è una grande mobilità lavorativa. Qui da entrambe le parti il contratto di lavoro è un contratto di collaborazione legato a soddisfazione reciproca, che può essere facilmente risolto dall’oggi al domani. Un Americano cambia mediamente lavoro ogni 2 anni e la rete di contatti esterna all’azienda è molto forte. Questo trasforma il modo di porsi. Vanno capite le leve per garantire l’engagement delle persone in azienda, e posso dire che se è sempre vero il detto in base al quale “cash is king”, anche il riconoscimento delle competenze di ognuno e la comunicazione puntuale degli indirizzi strategici da seguire, aiuta moltissimo nella creazione di un clima positivo.
Al riguardo posso citare un aneddoto professionale. A un certo punto dell’anno avevamo dei problemi legati agli scarti di produzione, e così ho preso tutte le persone che ritenevo chiave nella risoluzione della questione e li ho posti davanti alla pura realtà, in un dialogo molto trasparente. Sono stato chiaro nel mio racconto: abbiamo fatto un’ora di brainstorming, costituito dei team dedicati per lavorare su determinati obiettivi, collegandone il raggiungimento a un bonus monetario simbolico. Quello che abbiamo fatto è stato responsabilizzare ognuno e comunicare KPI definiti. In un mese e mezzo abbiamo raggiunto l’obiettivo inizialmente ipotizzato in tre, e continuato a lavorare e migliorare anche dopo. I soldi pertanto fanno la differenza ma anche la direzione che si dà alla propria squadra, le strategie comunicate nel giusto modo, chiedere un contributo individuale vero valorizzando le competenze di tutti. E c’è grande attenzione verso il lavoro e lo stile manageriale del proprio capo.
Alessio, anche gli Stati Uniti sono stati colpiti dall’Emergenza Covid. Ci puoi raccontare qualcosa al riguardo?
Gli ultimi mesi non sono stati facili: abbiamo avuto lo stop produttivo nostro e di tutti i nostri clienti. A livello personale oltretutto sono entrato in carica nel nuovo ruolo in pieno lockdown, avendo il primo contatto diretto e conoscenza con il mio team a distanza. Ora stiamo ripartendo sia in Messico sia negli stabilimenti dell’America del nord, ma è chiaro che ancora ci sia una attenzione abbastanza generalizzata sul fronte dei costi. Lo smart office è stato possibile per alcuni dipartimenti in azienda. E’ stata una gran bella prova, che direi abbiamo superato a pieni voti. Non eravamo una azienda che aveva lo smart office in uso quotidiano, eppure abbiamo investito molto su questo fronte ottenendo risultati significativi.
Le sfide per un manager oggi dal tuo punto di vista
Una cosa che ho imparato in questi anni è che le risorse scarse da gestire sempre con massima cura sono le competenze chiave nel proprio business e il tempo. Io ho fatto un percorso di mentoring con un alto dirigente di Marelli da cui ho acquisito alcuni insegnamenti e chiavi di lettura che continuo a portarmi dietro: non è questione di quante persone hai da gestire, la cosa più critica è il tempo a tua disposizione all’aumentare della complessità del tuo ruolo.
Non mi sento superman e non voglio sostituire tutti. Per me è fondamentale scovare le competenze nell’organizzazione e appoggiarmi su queste. Non nego che ci siano stati momenti non facili e per questo un’altra strategia utile è affrontare e smontare i problemi uno alla volta, pezzo dopo pezzo, per evitare sovraccarichi di stress. Questo ancora di più in una esperienza da expatriate intercontinentale. L’altro aiuto è un sano bilanciamento work-life. L’appoggio familiare è fondamentale. Questo è stato per me sempre di estrema importanza.
Per concludere, da alumno ISTUD, cosa ti ha lasciato la partecipazione al nostro Executive Master in Leadership & Business Transformation?
Il primo aspetto di valore che mi viene in mente è il gruppo che si è formato. Ancora oggi teniamo i contatti tra tutti noi. C’è stato molto affiatamento tra tutti i partecipanti lungo il percorso e mi è piaciuta tantissimo la possibilità di sedermi al tavolo – fin dal primo giorno di Master – con persone di settori completamente diversi e con seniority ed età differenziate, ma alla fine con gli stessi problemi: dalla gestione delle risorse ai numeri.
Mi è servita anche la parte sugli economics, e sono rimasto piacevolmente sorpreso dai moduli su business model, innovazione e cambiamento. La cifra del Master è il dare una visione d’azienda completa e di ampio spettro. Questa la forza di ISTUD: concentrare in 3 settimane intensive argomenti chiave che allargano la tua vision. E a differenza di un master in Business Administration, avere gli spunti manageriali per allargare le tue competenze e per capire di più di quello che sai già, forse senza averne piena consapevolezza.
Anche il coaching mi ha aiutato molto, per portare a vedere le cose con occhio diverso, valorizzando le mie aree di forza.
Grazie Alessio per l’intervista e in bocca al lupo!
Grazie a voi, e a presto, speriamo nella nuova sede ISTUD di Milano.