La consapevolezza che porta al cambiamento
Possiamo ormai parlare di fenomeno Mindfulness anche nel nostro paese. L’articolo di Ellen Langer conferma un trend che già da tempo è permeato nella cultura (anche organizzativa) del mondo anglosassone sta (finalmente) iniziando a diffondersi nei più diversi contesti, e l’auspicio è che ciò consolidi l’interesse delle aziende nei suoi confronti. Interesse che in effetti sarebbe ben riposto, come la stessa Langer sottolinea fornendo numerosi esempi a sostegno dei benefici trasversali che la mindfulness garantisce. Per evitare però di scivolare in derive miracolistiche o di considerare la mindfulness come un qualche nuovo (e ulteriore) tipo di metodo o attrezzo di cui acquistare la licenza, proviamo a dargli una traduzione: consapevolezza; ciò che incrementa la qualità e l’efficacia di qualsiasi nostra azione non è nient’altro che la consapevolezza, ovvero la capacità di orientare e mantenere l’attenzione sul momento presente. Ellen Langer la definisce “variabile superordinata”, qualcosa che sottende ad ogni processo psico-fisiologico ed emotivo umano e che anzi, direbbe Daniel Siegel (neuroscienziato autore del modello Mindsight), favorisce l’integrazione, l’armonizzazione e la plasticità delle differenti aree-funzionali cerebrali. Sviluppare l’attitudine al contatto stabile con il “qui e ora” significa, essenzialmente, creare spazio: nel momento in cui sono in grado di riconoscere e accogliere pensieri, sensazioni ed emozioni nel loro presentarsi e fluire, ecco che si rompe l’incantesimo di identificazione con essi, aprendo all’opportunità di agire consapevolmente, invece che limitarsi a reagire, in balia del pilota automatico. Inoltre, accettando la sostanziale impermanenza e mutevolezza della Realtà, accadono due cose, chiaramente evidenziate nell’articolo: innanzitutto viene meno il concetto granitico di “errore”, ogni istante si rivela portatore di possibilità di cambiamento se non ci si trincera dietro a sentimenti di rabbia e accusa; proprio quest’ultimo termine introduce il secondo regalo che la consapevolezza porta con sé, ovvero il depotenziamento della mente giudicante. Se imparo ad accettare semplicemente le cose (persone, situazioni, stati d’animo e di conseguenza, in chiave aziendale, colleghi, progetti e vincoli), così come sono qui e ora, invece che aggredirle o rifiutarle, ne scoprirà il potenziale trasformativo intrinseco. Da questo punto di vista è interessante il suggerimento che la Langer offre nei suoi programmi di leadership: “Dovreste rendere il non conoscere, che significa fare amicizia con l’incertezza, piuttosto che rifugiarsi in sicurezze preconfezionate”. “Non puoi sistemare i problemi di oggi con le soluzioni di ieri”, aggiunge, “Quando si è consapevoli, le regole, i protocolli e gli obiettivi ti guidano, non ti governano”.
Nel mondo delle organizzazioni professionali, in cui le condizioni stressanti, anche a causa della crisi, tendono a crescere piuttosto che diminuire (risultati richiesti, ritmi elevati, onnipervasività della tecnologia), la consapevolezza porta una boccata d’aria fresca; e ciò non solo in termini di efficacia delle prestazioni (singole e collettive), ormai ampiamente certificata e documentata: nella misura in cui si coltiva una morbida apertura non giudicante verso il momento presente, naturalmente sorge una sorta di gentilezza accogliente, di disponibilità nei confronti di sé stessi e degli altri. Ciò incrementa esponenzialmente la qualità della nostra vita in termini di ben-essere, schiudendo prospettive e orizzonti davvero rivoluzionari. Tant’é che forse è proprio questa la sfida ultima, la vera “Mindful Revolution” come la chiama il Time, alla quale ciascuno è chiamato a partecipare, nella vita privata come in azienda. E se fino a ieri parlare di Consapevolezza (così come descritta) nelle organizzazioni professionali era quasi un taboo, oggi, anche grazie al lavoro di Ellen Langer, questa straordinaria opportunità è finalmente accettata e praticabile: ci sono gli strumenti, la conoscenza e l’esperienza adeguati per farlo seriamente.
E’ per questo che in ISTUD stiamo sviluppando, attraverso un centro di competenza dedicato, una riflessione strutturata su una visione della mindfulness in chiave organizzativa, che possa portare dei benefici al singolo lavoratore in termini di presenza e performance, insieme all’impresa nel suo complesso. Insomma, forse è davvero arrivato il momento che anche in Italia si sperimenti il “mindful approach“.
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