Verdi e Sostenibili: i “green offices” come generatori di cambiamento
Se l’habitat naturale di uno scoiattolo sono gli alberi del bosco e quello di un piccolo pesce l’immenso spazio del mare, l’habitat dello Smart Worker qual è?
Per rispondere a questa domanda facciamo un piccolo (ma grande) passo indietro: per molto tempo siamo stati abituati a pensare al Lavoro come ad un qualcosa di statico anche nel suo concetto di “spazio” e “tempo” (pensiamo per esempio all’orario di lavoro e alla separazione o bilanciamento tra questo e la vita privata).
Grazie però al sempre più massiccio uso della tecnologia, i tempi e gli spazi del lavoro si sono sempre più avvicinati fino a fondersi in quei “new ways of working” che oggi non presentano più confini netti e in cui tutto, così come il mondo in cui viviamo, è “liquido”, ibrido, mutevole e veloce.
Per reagire a tali nuovi scenari, già prima che arrivasse l’attuale emergenza pandemica molte aziende avevano cominciato a trasformare la propria organizzazione da rigida, lenta, burocratica e piramidale, a liquida, veloce, aperta e flessibile. Andando così a trasformare indirettamente anche il concetto stesso di Workplace: non solo in chiave di design ma anche, e soprattutto, in un’ottica di change management verso le nuove forme di Lavoro Agile.
Non sorprende quindi se i nuovi “habitat lavorativi” hanno dovuto reinterpretare la mobilità tecnologica e il concetto di “collaboration” trasformando i propri interni in modo speculare agli esterni. E così ibridando, quasi fondendoli, tutti quei grandi e piccoli contorni che – spesso in maniera precisa e quasi ingegneristica – ci eravamo abituati a creare (in fabbrica come a casa) per catalogare ciò che sta “dentro” e ciò che sta “fuori”.
Ma tutti i processi di cambiamento in atto (compresi quelli a livello climatico) ormai ci hanno fatto capire che è meglio “vestirsi a cipolla” anche negli arredi. In tal modo, fondere gli spazi indoor con quelli outdoor non è solo una sottrazione matematica sui costi o un’operazione addizionale di arredo ma, molto più dinamicamente…
…un adattamento culturale che ben si sposa con i “new ways of living”!
Non per nulla anche gli “smart offices” moderni sono sempre più ideati attorno a un mix ibrido tra “dentro e fuori”. Pensiamo ad esempio a tutte quelle interessanti soluzioni biofiliche che vedono la Natura entrare al lavoro grazie a sale riunioni arredate con “green” idroponico o a locali comuni con giardini zen o giochi d’acqua. Ma pensiamo anche a tutte quelle altre soluzioni in cui gli uffici escono all’aria aperta grazie a roof offices o cortili o orti aziendali.
Al di là del vantaggio estetico insito in tali soluzioni, la commistione tra interni ed esterni può essere un segno della sempre più crescente attenzione ai temi della Sostenibilità e delle certificazioni “green”. Aprire gli spazi (anche con i vetri e le trasparenze!) non significa però solo contribuire a pulire “naturalmente” l’aria ma anche attivamente sanare l’habitat e i suoi abitanti dall’iperconnessione tecnologica a cui lo “smart worker” può essere soggetto.
Se abbattere lo stress e così recuperare energia, concentrazione e produttività è quindi un altro vantaggio di quest’ibridazione tra il dentro e il fuori, la creazione di “business gardens” può diventare indirettamente anche un ottimo modo per agevolare e incoraggiare la collaborazione tra persone.
L’uomo, si sa, è un “animale sociale” nato e vissuto fin dalle sue origini negli spazi esterni creati dalla Natura”: quindi anche abbattere le barriere tra indoor ed outdoor significa aiutare chi lavora a tornare nel nostro umano elemento naturale. Quello – come ormai tutti abbiamo sperimentato in epoca Covid – squisitamente sociale, fatto di relazioni che non possono essere solo quelle video su Zoom e/o chiuse dentro le mura di un ufficio portato anche a casa.
Di più: pensare a uffici sostenibili e verdi significa – forse e soprattutto – aprire le menti dei abitanti interni agli uffici e, in un certo modo, costringerli mentalmente a “uscire allo scoperto” e/o dai loro abituali schemi routinari fatti da cliché e procedure. Se il business di oggi infatti è sempre più veloce e adattivo, come possiamo pensare culturalmente di incoraggiare il cambiamento lasciando le persone “chiuse” nei confini dei loro spazi assegnati e/o nella rigidità dei loro orari o addirittura delle loro specifiche “job descriptions”?
E’ forse in questo aspetto che dobbiamo vedere la ricerca della Sostenibilità e della Natura come alleati aggiuntivi al processo di change management che la crisi pandemica ha accelerato sul fronte del Lavoro.
Se ogni azienda deve trovare la “sua” strada maestra verso questa direzione, ricreare la Natura in ufficio diventa allora una sfida culturale che non può ridursi a un esercizio di “copia-incolla” fatti in serie “alla Google”, in cui tutte le scrivanie hanno le stesse piante presa dal famoso studio della NASA e tutti gli ambienti hanno un verde artificiale e “sempre giovane”. Portare soluzioni di “greenery” in azienda deve essere infatti un modo per ricordarci che anche noi, come le forme non spesso perfette di qualche pianta o di qualche fiore, non siamo fatti artificialmente “in serie”.
Insomma, abbattere i confini tra interni ed esterni anche in ufficio significa uscire da un habitat aziendale formalmente finto o artificiale, fatto per addomesticare quello che in realtà non possiamo sempre controllare. E così rientrare nelle dinamiche del mondo reale, avendo però finalmente inteso la vera essenza dell’essere “smart”.
Perchè creare fattorie di progetti sostenibili in ufficio o anche solo pensare in maniera diversa vedendo “giardini verticali” opposti ai nostri “abbiamo fatto sempre così” significa in fondo…
…coltivare risultati sempreverdi!