La globalizzazione da rifare, nuovi modelli di business e istanze di inclusività
Globalizzazione, a che prezzo? Dai mercati globali una visione arricchita per l’international management
Martedì 6 marzo presso l’Università Cattolica di Milano si è tenuto il convegno “La globalizzazione da rifare: Nuovi modelli di business e istanze di inclusività“, all’interno del quale Alessandro Baroncelli, Laura Zanfrini e Massimiliano Monaci hanno esposto le loro visioni riguardo la responsabilità del mondo Occidentale nell’agire in favore di una globalizzazione più equa. A moderare Luigi Serio, Responsabile del Master in Risorse Umane e Organizzazione e del Master in Marketing Management ISTUD.
Gli Stati Uniti e la Cina
Alessandro Baroncelli, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese in Cattolica, ha analizzato le attività dell’amministrazione Trump facendo emergere l’approccio unilateralista di Washington che ha spinto gli Stati Uniti a ritirarsi negli ultimi mesi da vari trattati. Trump vuole favorire, nelle dichiarazioni, i lavoratori nazionali più svantaggiati ma – secondo Baroncelli – il vero interlocutore cui fa riferimento è la Cina. Dopo il ritiro statunitense dalla partnership Trans-Pacifica (TTP) Pechino si è schierata infatti in difesa del libero commercio e della globalizzazione e contro le politiche isolazioniste di Trump. Il presidente cinese Xi Jing Ping, per rafforzare ulteriormente la posizione di Pechino, ha sostenuto che i cambiamenti oggi in atto sono irreversibili.
In questo contesto si inserisce l’obiettivo dell’amministrazione cinese: portare la nazione al primo posto per l’innovazione tecnologica. La velocità di crescita cinese e delle altre economie asiatiche rispetto a quelle occidentali è dovuta alle economie di scala che, riducendo di molto i prezzi, permettono a questi Paesi di diventare sempre più competitivi e incalzare lo storico primato economico dell’Occidente.
La globalizzazione sta spostando il centro del mondo: gli Stati Uniti e l’Europa, per la prima volta, stanno passando in secondo piano. Il deficit americano continua a crescere e buona parte é detenuto proprio dalla Cina; tale sistema è sostenibile solo perché il dollaro è una valuta di riserva globale. Per i Paesi più piccoli come l’Italia invece, la soluzione risiede nell’adozione di nuove politiche atte alla redistribuzione della ricchezza; le politiche industriali devono sostenere le industrie che sanno proporsi in termini di qualità e esclusività che possono permettere ai Paesi di non perdere terreno sulla scena internazionale.
Globalizzazione etica
Laura Zanfrini, Ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università Cattolica, sottolinea come alla globalizzazione economica faccia seguito una crescente mobilità della forza lavoro, con sempre più significativi movimenti transnazionali. Questo implica che, per garantire la sostenibilità dei regimi di welfare, sia sempre più necessario garantire l’ingresso nel mercato del lavoro di una quantità di forza lavoro adeguata. Si deve far crescere la qualità e la produttività del lavoro pena l’implosione del sistema. Ciò fa riflettere perché per il futuro delle economie europee si pone un tema fondamentale: vi è la necessità di creare modelli di business il più possibile inclusivi e opportunità di lavoro valide.
Il tema della società dell’invecchiamento è estremamente attuale: nella storia dell’umanità non c’è mai stata una società in cui i vecchi fossero numericamente maggiori rispetto ai giovani come sta succedendo oggi. Come spiega Zanfrini l’esempio della Brexit è lampante: “i giovani pagano la scelta dei vecchi che hanno voluto l’uscita del Regno Unito dall’UE”.
L’equità generazionale e l’inclusione sono al centro del dibattito: ciò significa ripensare alle organizzazioni secondo una logica inclusiva, ovvero far convivere e collaborare le generazioni affinché vi sia la trasmissione del sapere.
L’equità di genere poi, non è da intendersi solamente in relazione alle donne. Il tema della paternità è spesso non considerato nei luoghi di lavoro e anche nell’organizzazione familiare è spesso così. Tre sono i principali problemi riscontrabili: stigmatizzazione del ruolo femminile; conciliazione solo in riferimento alle responsabilità familiari; necessità per le imprese di lavoratori che abbiano una vita familiare, sociale e culturale quanto più ricca possibile perché tale ricchezza porta a un aumento della loro produttività.
L’equità è anche su base etnica: a oggi è stato generato un modello di integrazione di basso profilo che ha assecondato il modello demandista riassumibile nella frase “gli immigrati fanno i lavori che noi non vogliamo fare”; questo porta al rischio di fenomeni di dumping sociale e salariale che danneggiano sempre più i meno abbienti.
Il concetto di “civiltà del lavoro”, inteso come lavoro che rispetta degli standard qualitativi minimi, ci invita a riflettere su quattro priorità:
- Mettere di nuovo al centro al concetto di “lavoro decente” con contratti che non penalizzino le persone. Questo è uno dei lasciti peggiori della recessione in Italia.
- Trasformare la diversità in asset che crea valore aggiunto.
- Responsabilità come dimensione vocazionale per le aziende.
- Investire sulla capacitazione individuale intesa come capacità di realizzare il proprio progetto di vita.
Stati vs. Aziende
Massimiliano Monaci, docente di Sociologia dell’Organizzazione della Cattolica, ricorda che le imprese hanno una grande responsabilità nello stabilire l’andamento della globalizzazione perché spesso sono viste come i primi attori responsabili degli effetti collaterali derivanti dalla globalizzazione. In questa prospettiva essa crea divisioni “di classe” fra chi prospera e chi no, fra chi ha accesso alle opportunità generate e chi no. La componente etica è, ancora una volta, centrale: si deve essere consapevoli dei cambiamenti che la globalizzazione sta portando. Anche al meeting annuale di Davos di quest’anno le parole chiave erano legate a questo tema. Le imprese sono oggi chiamate a svolgere un ruolo sempre più attivo poiché operando producono un vero e proprio codice; a tal proposito si parla di responsabilità sociale di impresa. In questi ambiti, oggi, le aziende hanno spesso un ruolo più forte degli Stati.
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